La Francia prova a recuperare terreno in Libia

Fin dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011, la Francia ha perseguito i propri interessi economici e di sicurezza in Libia. Le relazioni tra Parigi e Tripoli sono state abbastanza turbolente negli ultimi anni e molti sono stati gli episodi che hanno causato scivoloni al paese transalpino: dall’annuncio avventato di elezioni da svolgersi nel dicembre 2018 al ritrovamento, nel luglio 2019, di missili francesi nei depositi di una fazione libica operante nella parte orientale del paese in opposizione al governo ufficiale.

Ciò che ha danneggiato maggiormente la Francia è stato il doppio gioco attuato per troppo tempo con le due fazioni libiche rivali: dialogo con il Governo di accordo nazionale (Gna) dell’ex premier Fayez al-Serraj e supporto militare a Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica. Parigi ha coltivato a lungo una relazione con Haftar, vedendo questo ambizioso signore della guerra post-rivoluzionario come un partner chiave per realizzare una serie di obiettivi: garantire la stabilità contro l’estremismo in Nord Africa e nella regione del Sahel, porre fine alla rotta dell’immigrazione illegale in Europa attraverso la Libia e proteggere gli interessi economici, come le operazioni di esplorazione e produzione petrolifera della compagnia francese Total. Il fallimento di Haftar nel suo tentativo di conquistare Tripoli con un assedio durato oltre un anno, grazie anche all’intervento della Turchia a sostegno del governo di Tripoli, ha costretto Parigi a cambiare strategia. Oggi il Gna non esiste più e il processo politico avviato sotto l’egida delle Nazioni unite ha dato vita ad un nuovo Governo di unità nazionale (Gun), eletto a Ginevra nell’ambito del Libyan Political Dialogue Forum, guidato dal nuovo premier Abdulhammid Dbeibah. Tutto ciò potrebbe dare una nuova chance alla Francia di riallacciare i rapporti con la Libia e tentare di cancellare i passati errori.

Il presidente del Consiglio libico Mohammed Al-Manfi (a sinistra) e il suo vice Mussa al-Koni (a destra), insieme al presidente francese Emmanuel Macron (al centro). Fonte: The Libya Observer.

Dopo un periodo non molto felice per le relazioni bilaterali, la Francia sembra dunque essere tornata ufficialmente a giocare un ruolo attivo in Libia. Il 29 marzo Parigi ha riaperto la sua ambasciata a Tripoli – dopo sette anni di chiusura a causa della guerra civile che ha attanagliato il paese nordafricano nell’ultimo decennio. L’annuncio era arrivato una settimana prima, nel corso dell’incontro tra il presidente francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Consiglio libico, Mohamed al-Manfi, avvenuto a Parigi.

I francesi sono intenzionati ad approfittare di questo anno di transizione libico per mettere le basi per future relazioni stabili e provare a entrare nella battaglia per accaparrarsi fette della torta libica che fino ad oggi vedono altri paesi nettamente in vantaggio rispetto a Parigi.

Riaprendo l’ambasciata, Macron ha voluto inviare un messaggio sia agli amici che ai rivali. Da un lato, l’obiettivo è quello di riaffermare il sostegno di Parigi alla nuova autorità libica, mentre dall’altro far capire che la Francia è tornata con l’intenzione di giocare un ruolo attivo nel dossier libico, dopo essere stata un osservatore passivo per quasi dodici mesi. Macron ha sottolineato questa ambizione anche durante la conferenza stampa dopo il colloquio con al-Manfi, dichiarando che la riapertura dell’ambasciata ha il fine di mostrare tutto il supporto francese alle nuove autorità libiche unificate. Le dichiarazioni di sostegno di Macron sono state riprese dal suo ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, che, durante la sua visita a Tripoli con gli omologhi italiano e tedesco, ha espresso il sostegno francese al nuovo esecutivo libico, oltre a richiamare l’attenzione europea sulla questione libica.

Per Parigi, l’Unione europea non dovrebbe distogliere lo sguardo dalla Libia, principalmente per due motivi: la vicinanza geografica e le conseguenze di un possibile fallimento del processo politico che potrebbe avere ripercussioni sui paesi europei. Da oltre un decennio la Libia è un canale privilegiato per i trafficanti di esseri umani che trasportano illegalmente i migranti dai paesi subsahariani alle coste del nord del Mediterraneo. Arrestare il flusso di migranti dalla Libia, se non fermarlo del tutto, è in cima all’agenda dell’Ue da anni, e una Libia non pacificata potrebbe portare i flussi migratori a livelli critici come quelli precedenti al 2017.

Il rinnovato attivismo diplomatico francese nell’ex colonia italiana è stato visibile fin da subito attraverso l’azione solidale espressa dalla nuova ambasciatrice in Libia, Béatrice Le Fraper du Hellen, che ha annunciato il contributo di un milione di euro che la Francia verserà per sostenere il Programma di sviluppo delle Nazioni unite (Undp)  nell’organizzazione delle prossime elezioni nazionali libiche in programma il 24 dicembre. Questo nuovo versamento porta i fondi totali francesi al progetto attivato dall’Onu a 1.850.000 euro. Il progetto mira a coadiuvare l’Alta Commissione elettorale nazionale libica (Hnec) nella preparazione delle elezioni. L’obiettivo è rafforzare il sistema di registrazione degli elettori. Tra le iniziative del progetto ci sono l’acquisizione di 12.000 urne elettorali e l’emissione di schede elettorali da utilizzare come uno dei prerequisiti per l’identificazione degli elettori nei seggi elettorali per garantire un processo trasparente. Inoltre, grazie a un contributo di 370.000 euro del governo francese, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite (World Food Programme) sosterrà 3.500 persone colpite dalla crisi nella regione del Fezzan, nel sud della Libia, attraverso progetti di agricoltura e mezzi di sussistenza.

Tuttavia, abbracciando il nuovo governo di Tripoli, Parigi non è solo disponibile e solidale, ma ha i suoi interessi da servire e i suoi obiettivi da raggiungere. La Libia oggi ha le  più alte riserve accertate di petrolio e gas in Africa, offrendo un mercato potenzialmente redditizio per le aziende occidentali. La Francia vede senza dubbio vantaggi economici significativi, soprattutto nel settore energetico. Il fattore economico gioca un ruolo chiave quindi nelle relazioni tra i due paesi e la guerra civile ha influito negativamente sul commercio bilaterale, con una riduzione delle esportazioni libiche in Francia, che è passata dai 5,7 miliardi di dollari nel 2010 ai 2,9 miliardi di dollari nel 2018. Naturalmente quasi la totalità di tali valori comprendevano il settore dei prodotti energetici, con gas e petrolio su tutti.

In questa Libia pacificata, le aziende francesi vorrebbero avere la loro parte nei progetti di ricostruzione attualmente in fase di avvio, nonostante i problemi strutturali ancora da correggere all’interno del paese. Ci sono molte opportunità per le imprese francesi, in tutti i settori: petrolio e gas, trasporti, sanità, finanza, telecomunicazioni, acqua e servizi igienici, energia, alloggi, pianificazione e sviluppo urbano, industria e agroalimentare. Tuttavia, la concorrenza vedrà i francesi rincorrere le aziende di altri paesi molto più avanti nella gara, su tutte quelle italiane, turche ed egiziane.

Importazioni francesi di petrolio dalla Libia tra il 2010 e il 2018 (in milioni di tonnelate). Fonte: Statista.com.

La Libia continua a cercare partner per rilanciare la sua economia, in particolare attraverso il settore petrolifero. In quest’ottica rientrano i colloqui di Mustafa Sanallah, amministratore delegato della compagnia petrolifera statale libica, la National Oil Company (Noc), con l’ambasciatore francese sul rafforzamento della cooperazione petrolifera tra i due paesi. Le discussioni si sono concentrate anche sul settore energetico in generale. Secondo le informazioni fornite dalla stampa libica, i rappresentanti di Parigi hanno ribadito la disponibilità francese ad accompagnare il paese nordafricano nei suoi sforzi per stabilizzare la sua produzione e rilanciare la sua economia, ampliando la cooperazione tra le aziende francesi e le varie società affiliate alla Noc. Quest’ultima ha tenuto colloqui anche con la Total con l’obiettivo di rafforzare le relazioni bilaterali ed espandere l’ambito della cooperazione. Tale sentimento è stato espresso durante l’incontro a Tripoli tra Sanallah e l’amministratore delegato di Total, Patrick Pouyanné e la sua delegazione di accompagnamento. Total si è attivata negli ultimi mesi supportando i libici nel contrasto alla diffusione della pandemia di Covid-19 nel settore petrolifero e nelle aree dove opera l’azienda francese. La Noc ha sottolineato in più occasioni  di fare affidamento sulle enormi competenze e capacità che la società francese possiede e che quest’ultima contribuirà alla realizzazione di alcuni importanti progetti di sviluppo, come North Gialo e NC 98, che rappresentano un progetto importante nel settore, in quanto la produzione in questi due giacimenti dovrebbe raggiungere circa 175.000 barili giornalieri. Inoltre, Total contribuisce – e intende continuare a farlo – alle  operazioni di manutenzione per le apparecchiature di superficie invecchiate e agli oleodotti deteriorati che necessitano di sostituzione. Total supporterà le due società, Al Waha e Mabrouk, con lo scopo di aumentare i tassi di produzione, nonché di introdurre negli impianti la tecnologia idonea allo sfruttamento delle energie rinnovabili (energia solare) sviluppata dalla Waha Oil Company. Total svilupperà anche programmi di iniziative sociali nelle aree operative dell’azienda.

Questa nuova luna di miele tra la compagnia petrolifera libica e quella francese è iniziata, dopo un lungo contenzioso, nel dicembre 2019 quando la Noc ha dato il via libera all’acquisizione da parte di Total della partecipazione nella Marathon Oil Libya Limited (Moll) nelle concessioni Waha con una quota del 16,33 per cento. Total opera in Libia da decenni ed è attiva con una quota del 75 per cento in alcune zone offshore del giacimento petrolifero di Al Jurf che non sono state influenzate da problemi di sicurezza. Come già accennato, la compagnia francese possiede inoltre una partecipazione nelle concessioni Waha e ha interessi in alcuni blocchi onshore del grande giacimento di El Sharara, situati nel Bacino di Murzuk. L’azienda parigina detiene anche una quota del giacimento di Mabruk, le cui attività di esplorazione e produzione sono per il momento sospese.

L’espansione di Total in Libia è avvenuta nello stesso periodo in cui l’azienda francese ha rafforzato la sua partnership con l’italiana Eni nello sviluppo del gas naturale offshore cipriota. Le partnership degli ultimi anni tra Eni e Total a Cipro, in Algeria e in Libia costituiscono la base di quella che potrebbe essere una più ampia simbiosi commerciale che si sta sviluppando tra Italia e Francia nel Mediterraneo, quantomeno a livello energetico. Parigi ha anche un vivo interesse per la regione meridionale del Fezzan, che si ritiene sia ricca non solo di riserve di petrolio e gas, ma anche di altri minerali come uranio e oro.

Il presidente francese Emmanuel Macron a N’Djamena, in Ciad, per partecipare ai funerali di Idriss Déby. Fonte: TheArabWeekly.

Strategicamente, la Francia, attore dominante nella regione del Sahel africano, considera la Libia meridionale una fonte di minaccia per la stabilità per i suoi interessi nell’area. Il 24 aprile, Macron ha incontrato nuovamente al-Manfi, in Ciad, durante i funerali del presidente ciadiano Idriss Déby. Secondo la stampa libica, i due avrebbero discusso una serie di questioni relative agli sviluppi della situazione della sicurezza in Ciad e nella regione, nonché sul suo impatto sulla sicurezza e sulla stabilità in Libia. Dopo la morte di Déby, Al-Manfi ha ordinato alle forze militari libiche nel sud di adottare misure immediate per mettere in sicurezza e proteggere il confine meridionale libico e per affrontare eventuali obiettivi ostili. Anche il ministero degli Esteri libico ha chiesto un trasferimento di potere armonioso e pacifico in Ciad e ha annunciato l’istituzione di un sistema volto a seguire da vicino la situazione.

La Libia meridionale – di fatto una terra di nessuno – è stata il fulcro di attività illegali, tra cui il commercio di armi e il traffico di esseri umani. La vasta regione desertica funge anche da rifugio sicuro per i jihadisti stranieri attivi nell’intera regione del Sahel. La Francia coloniale controllò brevemente il Fezzan, la regione meridionale della Libia, e la utilizzò come punto di sosta per le sue attività in profondità nell’Africa subsahariana. I governi di Niger, Mali e Ciad  – ex colonie francesi ancora legate politicamente a Parigi – combattono da anni il terrorismo e le insurrezioni etniche che destabilizzano l’area. L’interesse francese per la Libia fa certamente parte di una più ampia strategia per il Sahel, che va ben oltre le ricchezze petrolifere libiche.

La situazione politica in Libia è cambiata drasticamente negli ultimi mesi, sorprendendo alcuni attori stranieri interessati come la Francia, che aveva seguito il processo con scetticismo e come osservatore passivo. Naturalmente, Parigi è ora desiderosa di sfruttare la nuova situazione e le nuove possibilità. In questo scenario mutato, i transalpini incontreranno delle difficoltà, su tutte la crescente presenza turca e russa. La Francia potrà sempre lamentarsi dell’interventismo aggressivo della Turchia e attaccare le azioni di Ankara, ma non ha il potere politico e culturale per poter arrestare il trend. Inoltre, Parigi dovrà fare sempre i conti con i rivali italiani: l’Italia è molto più avanti rispetto ai francesi, lo dimostra il colloquio continuo tra i due governi di Roma e Tripoli e la volontà di entrambi di voler sviluppare tale relazione.

Mario Savina

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